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I "segni" che Dio depone nella nostra vita sono il suo profumo sparso per indicarci la via da seguire, un assaggio del banchetto che ci ha preparato.

Ma, insipienti e stolti come siamo, vorremmo fermarci agli aperitivi e agli antipasti; ingordi ci abbuffiamo di tartine e non abbiamo più spazio per i primi, i secondi, i dessert.

Ci fermiamo sulla soglia del Cielo confondendolo con qualche millimetro di terra. I miracoli con cui il Signore moltiplica la nostra vita sono solo la porta a qualcosa di infinitamente più grande che è l'incontro decisivo con Cristo.

E' Lui il cibo che non perisce, è Lui il nostro desiderio più profondo. E' Lui la "via" alla "verità" che genera in noi la "vita". Per questo oggi ci invita a "procurarci il cibo che non si corrompe". Ma se non è il miracolo che fa presente il suo potere soprannaturale, qual'è questo cibo incorruttibile? E' Lui, il pane che sazia la vita di ogni uomo.

E come posso "procurarmelo"? Cercando Gesù con un cuore purificato. Accettando che Lui non è dove io credo debba stare, e quindi accettando di camminare dietro a Lui, uscendo ogni istante da me stesso, per trovarlo nella Pasqua, nel passaggio che strappa la nostra vita alla corruzione; in un cammino di ogni giorno sulle strade della conversione verso una fede adulta.

Per questo, come ha fatto con i discepoli lasciandoli entrare da soli nella notte e delle difficoltà, non si lascia afferrare dal nostro cuore idolatrico, e, lasciandoci sempre di nuovo affamati del cibo che sazia il ventre, ci obbliga a scoprire che la nostra fame autentica è quella di essere in Lui come Lui, l'ardente bisogno di donarsi e non di offrire a noi stessi la vita, le persone e le cose.

Lui va oltre per introdurci nell'al di là che ci attende nella storia e nelle persone, nel compimento vero della nostra vita, che è trascenderci, donarci a chi ci è accanto uscendo da noi stessi. Di questo sono stati "segno" i pani che ci ha donato moltiplicati.

Noi trasformati in pane che sazia, nello stesso alimento incorruttibile di cui ci nutriamo, Cristo, e del suo amore più forte della morte e della paura. Amare come siamo amati è l'unico cibo capace di sfamarci e realizzarci.

Come Lui e con Lui sempre più in là, a Cafarnao, e poi ovunque e per chiunque abbia fame di Lui. Il "cibo che non perisce", dunque, è quello che reca il sigillo del Padre, la denominazione di origine controllata e garantita di un'opera destinata all'eternità. Il suo amore, che offre se stesso in tutto e nulla offre a se stesso.

Il "cibo che non perisce" è lo stesso alimento di Cristo, fare la volontà di Colui che lo ha inviato e compiere la sua opera: offrire la propria vita, passare attraverso la grande tribolazione della Croce, perché anche al nemico siano spalancate le porte del Cielo. Sulla volontà di Dio, infatti, non c'è data di scadenza, punta diritta alla vita eterna.



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I "segni" che Dio depone nella nostra vita sono il suo profumo sparso per indicarci la via da seguire, un assaggio del banchetto che ci ha preparato.

Ma, insipienti e stolti come siamo, vorremmo fermarci agli aperitivi e agli antipasti; ingordi ci abbuffiamo di tartine e non abbiamo più spazio per i primi, i secondi, i dessert.

Ci fermiamo sulla soglia del Cielo confondendolo con qualche millimetro di terra. I miracoli con cui il Signore moltiplica la nostra vita sono solo la porta a qualcosa di infinitamente più grande che è l'incontro decisivo con Cristo.

E' Lui il cibo che non perisce, è Lui il nostro desiderio più profondo. E' Lui la "via" alla "verità" che genera in noi la "vita". Per questo oggi ci invita a "procurarci il cibo che non si corrompe". Ma se non è il miracolo che fa presente il suo potere soprannaturale, qual'è questo cibo incorruttibile? E' Lui, il pane che sazia la vita di ogni uomo.

E come posso "procurarmelo"? Cercando Gesù con un cuore purificato. Accettando che Lui non è dove io credo debba stare, e quindi accettando di camminare dietro a Lui, uscendo ogni istante da me stesso, per trovarlo nella Pasqua, nel passaggio che strappa la nostra vita alla corruzione; in un cammino di ogni giorno sulle strade della conversione verso una fede adulta.

Per questo, come ha fatto con i discepoli lasciandoli entrare da soli nella notte e delle difficoltà, non si lascia afferrare dal nostro cuore idolatrico, e, lasciandoci sempre di nuovo affamati del cibo che sazia il ventre, ci obbliga a scoprire che la nostra fame autentica è quella di essere in Lui come Lui, l'ardente bisogno di donarsi e non di offrire a noi stessi la vita, le persone e le cose.

Lui va oltre per introdurci nell'al di là che ci attende nella storia e nelle persone, nel compimento vero della nostra vita, che è trascenderci, donarci a chi ci è accanto uscendo da noi stessi. Di questo sono stati "segno" i pani che ci ha donato moltiplicati.

Noi trasformati in pane che sazia, nello stesso alimento incorruttibile di cui ci nutriamo, Cristo, e del suo amore più forte della morte e della paura. Amare come siamo amati è l'unico cibo capace di sfamarci e realizzarci.

Come Lui e con Lui sempre più in là, a Cafarnao, e poi ovunque e per chiunque abbia fame di Lui. Il "cibo che non perisce", dunque, è quello che reca il sigillo del Padre, la denominazione di origine controllata e garantita di un'opera destinata all'eternità. Il suo amore, che offre se stesso in tutto e nulla offre a se stesso.

Il "cibo che non perisce" è lo stesso alimento di Cristo, fare la volontà di Colui che lo ha inviato e compiere la sua opera: offrire la propria vita, passare attraverso la grande tribolazione della Croce, perché anche al nemico siano spalancate le porte del Cielo. Sulla volontà di Dio, infatti, non c'è data di scadenza, punta diritta alla vita eterna.

BY VANGELO DEL GIORNO


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